Ricordare Peppino Impastato


Il compagno Impastato muore nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978, nel corso della campagna elettorale per le comunali a Cinisi, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia. Il suo omicidio (per noi comunisti un martirio) ha esecutori e mandanti mafiosi, ed è chiaramente legato alla sua attività politica e sociale di militante nella lotta alla mafia. Impegno che lo condurrà a candidarsi con Democrazia Proletaria, e gli consentirà di risultare eletto in Consiglio comunale anche dopo la sua morte. Il suo martirio dura, però, ben oltre il breve periodo in cui è rimasto in vita.
Non imentichiamo il tentativo infame (orchestrato subito dopo la sua morte dai poteri forti al soldo dei mafiosi, che orientarono e condizionarono la stampa, le forze dell’ordine e gran parte della stessa magistratura) di fare apparire come un atto terroristico il suo vile assassinio.

Non dimentichiamo, inoltre, la particolare lentezza (ben 24 anni) che ha mostrato la magistratura nel condannare i mandanti dell’omicidio di Peppino Impastato: Gaetano Badalamenti e Vito Palazzolo. Nonostante le prove schiaccianti e le testimonianze dei pentiti. Questa vicenda dimostra, ai cittadini siciliani, come tanta strada ci sia ancora da percorrere prima di estirpare il cancro della mafia in Sicilia.

Il suo sacrificio (insieme a quello del compagno Pio La Torre) ha avuto il merito di innescare una serie di meccanismi che hanno costretto lo Stato a combattere veramente la mafia, costringendo i boss mafiosi alla latitanza e trasformando in eroi coloro che la contrastano. Con il suo impegno, anche dopo la morte, Peppino Impastato è così riuscito a ribaltare l’idea di società che avevano i siciliani negli anni Settanta, vincendo di fatto la sua battaglia.

Commenti